Il digital divide ha tante forme. Tutte hanno il volto di un’esclusione dai benefici del progresso tecnologico e dell’innovazione. Digital divide, divario digitale. Comunque lo si chiami, il suo effetto è negativo per chi lo subisce. E lo è sempre di più man mano che il digitale assume un’importanza crescente per la società.

Chi è escluso dal digitale – per scelta o per caso fortuito – ne perde i vantaggi. Con un danno socio-economico e culturale. E poiché chi è in digital divide – secondo gli studi, come Istat – è spesso di un ceto sociale già svantaggiato, entra in un circolo vizioso. Di crescente povertà ed esclusione. Cerchiamo di tracciarne i confini, per trovare anche le strade giuste per combattere il fenomeno.

Digital divide significa “divario digitale”, com’è noto. Cioè una situazione che divide la popolazione nell’accesso a internet. Una divisione tra chi ha accesso a internet e chi no.

Questo parametro ha una valenza importante, perché evidenzia una sempre più grave disuguaglianza nell’accesso e nell’uso delle tecnologie.

L’effetto è che questa divisione in risalto la frattura che si frappone tra la parte della popolazione in grado di utilizzare queste tecnologie e la parte della popolazione che ne rimane esclusa Ne deriva una grave discriminazione per l’uguaglianza dei diritti esercitabili online con l’avvento della società digitale. Il divario digitale quindi è sempre più causa di un divario di altra natura: socio-economico e culturale.

Tra le categorie più minacciate dall’esclusione digitale vi sono i soggetti anziani (cd. “digital divide intergenerazionale”), le donne non occupate o in particolari condizioni (cd. “digital divide di genere”), gli immigrati (cd. “digital divide linguistico-culturale”), le persone con disabilità, le persone detenute e in generale coloro che, essendo in possesso di bassi livelli di scolarizzazione e di istruzione, non sono in grado di utilizzare gli strumenti informatici.

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Fonte: agendadigitale.eu