La progettazione didattica per competenze è il modello indicato da tutti i documenti che hanno portato a una riforma del sistema ordinamentale, ossia le Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, le Indicazioni Nazionali per i Licei, le Linee Guida per la Riforma degli Istituti Tecnici e Professionali.

Il successo formativo non si basa sul raggiungimento di standard relativi a determinati contenuti disciplinari, quanto sul raggiungimento di competenze in uscita, da garantire a tutti gli alunni per assicurarne il successo formativo.

Un’altra novità è che la progettazione non ha una struttura sequenziale, ma è articolata in Unità d’Apprendimento (UdA) paragonabili alle cartelle contenute in un desktop.

Tali unità vengono progettate in tandem dall’insegnante curricolare e da quello di sostegno, in funzione delle specifiche caratteristiche del gruppo-classe.

Mentre l’unità didattica seguiva un modello di programmazione per obiettivi, basato su traguardi di apprendimento legati a determinati ambiti disciplinari, nel caso dell’unità di apprendimento acquistano centralità concetti come quello di “situazione formativa” (risultante dall’interazione tra un diverso numero di variabili che incidono sull’azione formativa, come la configurazione geografica e urbanistica, la struttura produttiva e i servizi, le risorse culturali e la stratificazione professionale della popolazione, il contesto familiare) e quello di “spazio di apprendimento”, nel quale ciascun alunno esercita le proprie competenze.

Da ciò consegue che la programmazione per competenze non si prefigge obiettivi prestabiliti, ma porta a formulare progetti concepiti in funzione dei bisogni dei singoli alunni, e specialmente di quelli che si trovano in situazioni di svantaggio, i disabili, i DSA, i BES, e recentemente, sempre più spesso, gli alunni immigrati. Invece nella programmazione per obiettivi, che, come si è visto, prevedeva traguardi prestabiliti e standardizzati, la strategia adottata nel caso degli alunni in situazioni svantaggiate era quella di un abbassamento degli obiettivi: si parlava di “obiettivi minimi”, caratterizzati, cioè, da un livello di difficoltà minore rispetto a quelli programmati per la didattica curricolare.