Si tratta di un tipo di progettazione che risente dell’influenza delle scienze cognitive e mira alla messa
a punto di modelli progettuali che tengano conto delle diverse modalità con cui i soggetti apprendono.
Il retroterra culturale della progettazione per concetti è la teoria dell’istruzione di Jerome Bruner, che pone l’accento sull’importanza dei contenuti essenziali di ogni disciplina e individua come priorità
nella messa a punto di un programma quella di formare le abilità generali dell’intelligenza.
Prendendo le mosse da questa concezione, la programmazione per concetti mira a evidenziare le idee chiave da tener presenti nello svolgimento di un compito; anziché avere un andamento sequenziale e lineare come la programmazione per obiettivi, segue itinerari reticolari, che consentono di collegare i concetti inserendoli in proposizioni secondo il modello delle mappe concettuali; come in una mappa concettuale, i concetti sono ordinati dal generale al particolare secondo un ordinamento che va dal basso verso l’alto. La progettazione per concetti è infatti nota anche come progettazione “per mappe concettuali”.
Il docente dovrà dunque identificare i concetti chiave di ogni disciplina e procedere alla costruzione:
− di una mappa concettuale “esperta” che fungerà da punto di riferimento del percorso
didattico, nella quale verranno precisati i significati fondamentali da far acquisire ai discenti;
− di una mappa concettuale “ingenua”, frutto di attività individuali o di discussioni collettive
finalizzate a rilevare la matrice cognitiva pregressa dei discenti.
«Sulla base del confronto tra le due mappe, il docente provvederà a strutturare il percorso didattico attraverso
cui far evolvere le mappe “ingenue” degli alunni in direzione della mappa “esperta”; ad esempio, attraverso
occasioni di problematizzazione delle preconoscenze, di sviluppo dei nuovi apprendimenti, di approfondimenti
di concetti chiave, di connessione con altri apprendimenti».